Articolo di Donato Bonanni, Presidente di Ripensiamo Roma, pubblicato il 29 novembre 2023 su “L’Opinione delle Libertà”.
Ieri siamo stati incollati alle tv e ai social network per assistere al voto per l’assegnazione di Expo 2030. Si battevano per questa importantissima sfida tre città completamente diverse tra loro per la storia, per i valori, per l’economia: Busan, Riad e Roma. Quest’ultima, alla fine, è stata umiliata ottenendo solo 17 voti contro i 119 della città araba e i 29 voti di quella coreana.
La sorpresa non sta nella vittoria di Riad, ma nel fatto che sia così schiacciante e che molti Paesi, poco prima dell’esito, abbiano cambiato idea virando verso la città saudita. Secondo molti, la candidatura di Riad non andava presa in considerazione perché il suo Paese registra dati sconcertanti in merito alla violazione dei diritti umani ed è uno dei maggiori produttori di petrolio, con un livello pro-capite di emissioni di gas serra tra i più elevati al mondo. Eppure, l’Arabia Saudita ha dimostrato, negli ultimi anni, di saper diversificare (con i suoi ingenti fondi) l’economia, andando oltre la tradizionale estrazione petrolifera, e di aver convinto, attraverso l’incessante attivismo diplomatico della Casa reale, i membri della giuria di Expo, con un progetto avveniristico a emissioni zero.
Ho letto diverse dichiarazioni di autorevoli personalità italiane che si soffermano sul principio della deriva mercantile o sul complottismo europeo. Io penso, invece, che Roma non sia ancora pronta ad affrontare sfide importanti come quella di Expo 2030 e che la sua burocrazia elefantiaca e i limiti evidenti della Città eterna renderebbero ancora più difficile la riuscita di un evento eccezionale che guarda al futuro tra l’innovazione, smart city e la sostenibilità ambientale.
Aggrapparsi alla storia millenaria e alle straordinarie bellezze artistiche non basta. Serve quello che manca alla nostra città: la voglia di fare e la responsabilità. A partire da noi.
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