Articolo di Donato Bonanni, Presidente di Ripensiamo Roma, pubblicato il 12 luglio 2023 su “L’Opinione delle Libertà”.
L’innovazione tecnologica e la digitalizzazione hanno radicalmente cambiato il nostro modo di vivere, ma soprattutto il nostro modo di lavorare contribuendo al raggiungimento di alcuni obiettivi di sostenibilità non solo ambientale, ma anche economica e sociale, a beneficio di tutta la comunità. Lo smart working è una nuova forma di libertà, accelerata dalla pandemia, e resa possibile dalla transizione digitale. Una modalità flessibile e autonoma del lavoro non applicabile, però, a tutti i lavori. Pensiamo a quei lavoratori che svolgono prestazioni non amministrative collegate al settore ristorativo, turistico-alberghiero, manifatturiero, costruzioni, trasporti, vigilanza, solo per citarne alcuni. Prima di addentrarci nel tema del lavoro agile occorre, però, mettere in evidenza gli elementi di differenza tra quest’ultimo strumento e quello relativo al telelavoro.
Partiamo dal telelavoro che nel nostro Paese è stato regolato principalmente dall’accordo interconfederale del 9 giugno 2004 (settore privato) ed è una rigida modalità organizzativa sia sul piano spaziale che su quello temporale: il lavoratore svolge la propria attività a casa, allo stesso modo in cui la svolge in sede e ha l’obbligo della reperibilità durante tutto l’orario di lavoro che, di norma, coincide con quello rispettato dal personale che svolge le stesse mansioni in azienda. Lo smart working, invece, è stato introdotto con la Legge n° 81 del 2017 (diverse multinazionali del settore elettrico, energetico e bancario avevano già sperimentato questa modalità dietro accordi collettivi sottoscritti con le rappresentanze sindacali) ed è maggiormente flessibile rispetto al telelavoro in quanto il luogo in cui deve essere svolta la prestazione può variare in base alle esigenze del lavoratore ed è quest’ultimo che, con un buon grado di autonomia, può decidere sede e tempi di svolgimento delle attività. Quello che conta è il raggiungimento degli obiettivi entro un periodo determinato da parte del lavoratore agile.
Chiarite le differenze di fondo, i vantaggi del lavoro agile sono la conciliazione tra le proprie esigenze personali con quelle lavorative (work-life balance), l’eliminazione dei tempi del trasferimento casa-ufficio-casa, un ambiente di lavoro più accogliente tra la propria abitazione o altri luoghi adatti alle proprie necessità e una maggiore produttività degli stessi smart workers. Ma non va sottovalutato il fatto che il lavoro agile risulta vantaggioso anche per le imprese che vi fanno ricorso, sia in termini di riduzione dei costi aziendali legati all’energia e ai materiali di consumo, sia in termini di razionale organizzazione delle postazioni di lavoro negli uffici ai fini dello sharing e di sostenibilità ambientale per i limitati spostamenti quotidiani (con conseguente riduzione delle emissioni di Co2). Tuttavia, nonostante le molteplici opportunità nell’attivare strumenti di flessibilità, non mancano aree grigie che suggeriscono di approcciare al cambiamento con gradualità. Pensiamo, in particolare, alle donne con famiglie a carico che percepiscono lo smart working come fonte di stress e a quei lavoratori agili che mal digeriscono l’isolamento sociale per un periodo prolungato in casa.
Quest’ultimo elemento non va trascurato, in quanto a risentirne non è solo la possibilità di sviluppare relazioni di fiducia, ma anche quella di trasferire, nei quotidiani momenti informali di incontro, informazioni e conoscenze utili al consolidamento della cultura aziendale. Uno smart working rilevante fa perdere anche la dimensione umana dei rapporti di lavoro e il senso di appartenenza all’azienda. Considerati questi elementi grigi, la soluzione è quella di introdurre un modello misto che preveda l’alternanza tra giornate in presenza e quelle in smart working o telelavoro. Un giusto compromesso per iniziare a convivere in modo ottimale con il lavoro remoto. Infine, in molte aziende di piccole e medie dimensioni esiste ancora una certa titubanza verso una transizione digitale che deve necessariamente essere accompagnata da un reale cambiamento della cultura aziendale del team dirigenziale; si tratta, infatti, di passare dal tradizionale approccio manageriale basato sul presenzialismo, sul controllo e sulla supervisione diretta del dipendente a uno nuovo basato sulla fiducia, sulla collaborazione, sulla responsabilizzazione e sulla valutazione dei risultati conseguiti. Se non avviene questa trasformazione culturale, si corre il rischio di utilizzare il lavoro agile in maniera riduttiva come il semplice lavoro a casa o telelavoro, vanificando le enormi potenzialità di questa filosofia di lavoro incentrata sull’autonomia e sulla flessibilità.
FONTE: