“Salvini ha fatto bene a tornare sulla questione dei rifiuti a Roma: i termovalorizzatori sono la soluzione all’emergenza.”
Emergenza rifiuti a Roma: ecco perché sui termovalorizzatori il ministro Salvini ha ragione, il sindaco Raggi sbaglia ed il presidente della Regione Lazio Zingaretti tace.
Ha fatto bene Salvini, che ha il merito da aver rotto il velo di ipocrisia sull’uso dei termovalorizzatori, a tornare sulla questione dell’emergenza rifiuti a Roma e sull’assurdo che debbono andare al nord o all’estero perché nel Lazio non ci sono impianti sufficienti. I rifiuti così sono un problema per noi, tanto che paghiamo per farglieli prendere, mentre diventano una risorsa per gli altri che li trasformano in energia abbassando le tariffe per i loro utenti.
Non vale quello che racconta chi si oppone ai termovalorizzatori, che basta aumentare la raccolta differenziata per fare venire meno l’esigenza degli impianti, perché proprio al nord dove la raccolta differenziata è più alta ci sono più impianti: la Lombardia con la raccolta differenziata al 58,7% ha 13 termovalorizzatori; il Veneto con la rd al 73% ne ha due, ma con 6 linee; l’Emilia-Romagna con il 61% ne ha 8 e la Toscana con la rd al 52% ne ha 5. La Regione Lazio con la raccolta differenziata al 42% ha un solo termovalorizzatore su quattro previsti dal piano regionale rifiuti.
Il paradosso è che non è vero che nella nostra regione siamo all’anno zero e che non è mai stato fatto niente, perché nel passato sono stati previsti, autorizzati, e in parte costruiti, 4 impianti di termovalorizzazione che avrebbero consentito di chiudere il ciclo ed evitare l’emergenza rifiuti. La realtà è che da un certo punto in poi, e in particolare con l’arrivo di Zingaretti in Regione e Marino prima e Raggi poi in Campidoglio, è iniziata la stagione dei No che ha provocato la crisi.
Il Piano regionale dei rifiuti in vigore, che è quello approvato dalla Polverini nel 2012, prevede quattro impianti di termovalorizzazione: S. Vittore, Colleferro, Malagrotta e Albano. Numero confermato dal decreto sblocca impianti del governo Renzi del 2016 a fronte delle 800.000 tonnellate di Cdr/Css all’anno da valorizzare con la raccolta differenziata calcolata come se fosse al 65%.
Zingaretti e Raggi si sono opposti da subito al decreto dicendo NO, senza presentare piani alternativi. Non solo ma gli uffici della Regione notificarono al Ministero dell’Ambiente che l’Aia dell’impianto di Albano era scaduta, cosa non esattamente vera da un punto di vista giuridico-amministrativo, per far cancellare questo impianto dall’elenco. Il Ministero, non potendo entrare nel merito delle autorizzazioni, cancella dal DPCM finale del 10 Agosto 2016 l’impianto di Albano ma prevede comunque per il Lazio la necessità di un quarto impianto dalla capacità di 210.000 tonnellate all’anno.
Non contento di questo, Zingaretti ha chiuso il termovalorizzatore di Colleferro di proprietà di Lazio Ambiente, società regionale, dopo aver messo in ripostiglio le caldaie nuove acquistate per fare il revamping, costate circa 12 milioni, solo per lisciare il pelo alla protesta di alcuni esponenti del suo partito.
Inoltre Zingaretti fa finta di non vedere che il Gassificatore di Malagrotta è pronto, in attesa del nulla osta all’entrata in esercizio, e non autorizza ancora la richiesta di trasformazione del syngas, prodotto dal Gassificatore, in metanolo (materia) anziché in energia azzerando le emissioni, in esecuzione della Direttiva Europea 1513/2015 sulle fonti rinnovabili.
Sarebbe bastato attuare il piano regionale e non stravolgerlo per evitare l’emergenza rifiuti che non è figlia del destino cinico e baro ma delle scelte scellerate fatte dai vertici della Regione e del Campidoglio in questi ultimi anni. Do un consiglio non richiesto al Ministro Salvini: vada a Malagrotta per vedere il Gassificatore, pronto, ma anche l’intero centro impiantistico, con i due Tmb, e vada a Colleferro a vedere lo scempio commesso da Zingaretti con la chiusura del termovalorizzatore.