ROMA CITTÀ-REGIONE COME BERLINO

Le recenti polemiche tra Lega e 5 Stelle sul decreto cosiddetto “Salva Roma” hanno di nuovo riaperta la discussione sullo status della Capitale e delle sue funzioni. Dico subito che sarebbe stato giusto approvarlo così come era stato proposto perché Roma non può continuare a essere trattata come un Comune qualsiasi.

Fu il Governo di centrodestra guidato da Silvio Berlusconi, ministro dell’Economia Giulio Tremonti, a volere la norma che ha previsto la gestione commissariale del debito storico di Roma per evitare alla Capitale di andare in default. Il debito è pari a circa 12 miliardi e ogni anno alla struttura commissariale arrivano 500 milioni, 300 a carico dello Stato e 200 milioni coperti dall’aumento dell’aliquota Irpef in capo al Comune, (+0,4%, con l’aliquota complessiva pari a 0,9%, la più alta d’Italia), e dalla tassa aeroportuale (+ 1 euro a passeggeri dagli aeroporti Romani).

Il debito finanziario è composto da circa 1600 mutui, di cui 1400 con Cassa Depositi e Prestiti, oltre a un Boc comunale, il cosiddetto “Colosseum”, di 1,4 mld che scade nel 2048 e desta molte preoccupazioni per gli interessi annui ma soprattutto per la quota capitaria da versare alla scadenza, cosa che comporterà un accantonamento di circa 50 milioni l’anno.

La proposta era di passare di fatto la gestione del debito al Mef per poter ricontrattare i mutui con cassa depositi e prestiti, in modo da poter abbassare i tassi di interesse, risparmiando una somma ingente, e accollare il Boc Colosseum allo Stato.

La norma nel decreto crescita cancella la struttura commissariale e passa la gestione al comune aggravando così le cose e creando le basi del default del Comune.

Non solo ma c’è un comma che prescrive che le situazioni debitorie derivanti da obbligazioni contratte prima del 2008, anno di istituzione della struttura commissariale, non inserite nelle debito complessivo rientrano nella competenza del Comune. Il mio giudizio sulla gestione dell’amministrazione di Virginia Raggi è negativo, prima se ne va meglio è, ma per il bene di Roma e dei cittadini che pagano le tasse più alte mi auguro che il Parlamento possa modificare le cose ripristinando la norma originaria scritta dal Mef.

D’altra parte con il Dl 66/2014 è stato consentito alle Regioni di rinegoziare i mutui con Cassa Depositi e Prestiti tramite il Mef, perché non consentirlo anche alla Capitale che dovrebbe avere uno status speciale?

Roma è la Capitale, recita l’articolo 114 della Costituzione, ma nonostante alcune riforme, come la 42 del 2009 e la istituzione della Città metropolitana, continua ad essere governata con gli stessi poteri di un piccolo comune da mille abitanti. La legge 42, grazie alla quale Roma può contare su un finanziamento aggiuntivo da parte dello Stato proprio per le sue funzioni di Capitale, prevede il conferimento di molte materie di governo del territorio che a Costituzione vigente stanno però in capo alla Regione. Nicola Zingaretti, nonostante un protocollo di intesa sottoscritto nel 2011 tra Regione e Campidoglio e tante promesse, si è ben guardato dal fare approvare una legge per trasferire questi poteri.

La legge Delrio con la istituzione della Città Metropolitana non ha risolto nessun problema ma li ha aggravati facendo coincidere i confini del nuovo ente con quelli della vecchia Provincia. Ma i due enti, Roma Capitale e la città metropolitana, restano due enti distinti, cosa che crea un dualismo non superabile neanche con l’eventuale elezione diretta. Legge mai approvata dal Parlamento e forse non a caso.

È arrivato dunque il momento di dare a Roma lo stesso status di Città Regione o Città Stato, che hanno le grandi capitali, come Berlino, Parigi, Bruxelles, Washington.

Serve una norma costituzionale per dare a Roma non solo piena autonomia finanziaria, statutaria e amministrativa ma soprattutto il potere legislativo, proprio delle Regioni e dello Stato, in tutte le materie del governo del territorio. In questo modo il Campidoglio avrebbe i poteri legislativi, l’assemblea si trasformerebbe nel Senato Capitolino e i municipi potrebbero diventare finalmente comuni veri con la gestione di quasi tutte le funzioni amministrative e di gestione.

L’ex Provincia di Roma resterebbe tale, senza la Capitale, e il suo ruolo così come quello di tutte le Province andrebbe rilanciato con una riforma complessiva del sistema degli enti locali partendo dall’abrogazione della Del Rio e con la previsione della elezione diretta.

Nel frattempo la Regione dovrebbe finalmente varare la legge di trasferimento dei poteri a Roma e Zingaretti dovrebbe subito dare quell’intesa, che ha negato sia a Marino che alla Raggi, per consentire alla Capitale di poter accedere direttamente ai fondi del trasporto pubblico locale, come prevede uno dei decreti legislativi , senza andare alla Pisana con il cappello in mano.

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