Articolo di Donato Robilotta
Pubblicato sul quotidiano on-line L’Opinione delle Libertà il 18 giugno 2021.
Nella recente audizione in Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati, in merito alle diverse proposte di legge presentate per dare poteri a Roma Capitale, la sindaca Virginia Raggi ha criticato aspramente la Legge Delrio, che ha partorito un Ente inutile che oggi ha meno competenze della vecchia Provincia, con la Regione che si è ripresa quasi tutte le competenze amministrative trasferite negli anni e ha affermato che in Campidoglio servirebbero più assessori. Dopo una iniziale titubanza ha indicato, anche se in maniera confusa, come assetto istituzionale essenziale quello di Roma Città-Regione, cioè un Ente che abbia allo stesso tempo le funzioni amministrative dei Comuni e il potere legislativo delle Regioni.
Non so con quanta credibilità lo abbia detto, visto che solo qualche anno fa in audizione alla Pisana, durante la discussione di una proposta di legge regionale che prevedeva il trasferimento di alcune funzioni alla Capitale, la sindaca dichiarò che non era il caso che alla Città Eterna venissero dati altri compiti perché quelli che ha sono già troppi e gravosi.
Le due proposte di legge di modifica costituzionale, che sono in discussione in commissione, quella dell’onorevole Paolo Barelli (Forza Italia) e dell’onorevole Roberto Morassut (Partito Democratico) vanno esattamente nella direzione di prevedere Roma Città-Regione come Berlino e prevedono anche la trasformazione dei Municipi in Comuni.
C’è poi una proposta di legge costituzionale depositata dall’onorevole Stefano Ceccanti (Pd) che mi lascia molto perplesso, perché rinvia ad un’intesa tra Stato, Regione Lazio e Roma Capitale la possibilità di attribuire all’Urbe ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia anche legislativa nelle materie concorrenti. Lo strumento individuato sarebbe quello previsto dall’articolo 116 terzo comma per l’Autonomia differenziata delle Regioni che secondo me non porta da nessuna parte, perché il pallino resta sempre in mano alla Regione.
Nel frattempo è arrivata anche la proposta di legge costituzionale di Fratelli d’Italia, primi firmatari Giorgia Meloni e Fabio Rampelli, che prevede di dare a Roma Capitale i poteri legislativi della Regione tranne che sulla sanità e la trasformazione dei Municipi in Comuni. Va nella stessa direzione delle proposte Barelli e Morassut, anche se non traccia un confine chiaro tra il nuovo Ente e la Regione Lazio.
Nei giorni scorsi il ministro per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, ha istituito una commissione ministeriale, presieduta dal professor Francesco Saverio Marini, ordinario di Diritto pubblico a Tor Vergata, con lo scopo di studio, supporto e consulenza sul tema di Roma Capitale. Vi sono poi tre proposte che pensano di dare poteri a Roma attraverso lo strumento della legge ordinaria, non tenendo conto che già due leggi, la 42 del 2009 sul federalismo fiscale e la 56 del 2014, la famigerata Delrio, hanno fatto un buco nell’acqua. Perché – da Costituzione vigente – tutte le materie di governo del territorio, che servono a Roma, stanno in capo alla Regione e non può essere una legge ordinaria dello Stato a conferirle alla Capitale. Punto.
La proposta di legge che porta la firma di Stefano Fassina e Riccardo Magi interviene sulla legge 56/2014, legge Delrio, e nella relazione si parla della ritrosia del Parlamento a occuparsi della specialità di Roma dopo l’esperienza del Governatorato del Ventennio fascista, che invece a mio parere è l’assetto che oggi ci vorrebbe per Roma. La proposta di legge prevede la costituzione di un unico Ente, quello della Città metropolitana coincidente con l’intera provincia, con la elezione diretta del sindaco della Città metropolitana e del Consiglio metropolitano. Il Comune di Roma si scioglie per confluire nella Città metropolitana e i Municipi vengono trasformati in Comuni. Proposta condivisa dal presidente di Unindustria, AngeloCamilli, come ha sottolineato durante la sua audizione. Approvando questa proposta avremmo il risultato non di rafforzare la Capitale ma di cancellarla. L’esatto opposto di quello che dovremmo fare.
La proposta della Lega, prima firmataria l’onorevole Sara De Angelis, parte da buone intenzioni ma lascia le cose così come sono oggi. Anche questa proposta di legge parte dalla modifica della legge Delrio e prevede che la città di Roma sia anche Città metropolitana mentre viene ricostituita la ex Provincia di Roma. La proposta prevede poi di conferire più competenze e autonomia amministrativa ai Municipi. Demanda poi alla Regione Lazio la possibilità di conferire poteri e competenze speciali alla Capitale. Quindi esattamente come oggi.
È in discussione, infine, la proposta di legge ordinaria del Movimento Cinque Stelle, primo firmatario l’onorevole Francesco Silvestri, che rafforza le competenze del tavolo interistituzionale tra Stato, Regione Lazio e Roma, cosa già possibile oggi perché quel tavolo di confronto è previsto dal decreto legislativo 61 del 2012. Prevede ancora l’istituzione dell’ufficio per Roma Capitale presso la presidenza del Consiglio e la nomina di un sottosegretario alle cui dipendenze è posto l’ufficio. Ufficio che, a dire il vero, fu istituito negli anni Novanta a seguito dell’approvazione della legge 396/1990, fortemente voluta dai socialisti di Bettino Craxi per finanziare grandi opere nella Capitale come l’Auditorium. Ufficio che negli anni è stato prima trasferito ai Lavori pubblici e poi del tutto smantellato dopo la cancellazione della legge. Prevede, infine, che siano trasferite a Roma Capitale alcune competenze come il trasporto pubblico locale o i rifiuti che sono in capo alla Regione, così come prevede l’accesso diretto ai fondi europei che è sempre una competenza regionale.
Mi permetto di far notare che già il Governo Berlusconi aveva previsto nel decreto legislativo 61/2012 che la Capitale avesse accesso diretto al fondo del trasporto locale nell’ambito dello stanziamento regionale, ma fu costretto a modificare la norma non appena l’allora presidente della Regione, Renata Polverini, minacciò di rivolgersi alla Corte costituzionale. L’attuale norma prevede che la Capitale può avere accesso diretto al fondo ma solo dopo apposita intesa con la Regione Lazio. Peccato che la sindaca di Roma, Virginia Raggi, non abbia mai chiesto l’intesa e che il Governatore, Nicola Zingaretti, l’abbia sempre negata a Ignazio Marino, che la chiedeva e bocciato, insieme ai Cinque Stelle, emendamenti in tal senso proposti dal centrodestra alla Pisana.
La mia opinione è quella che la strada maestra per dare poteri a Roma Capitale ed equipararla finalmente alle altre capitali europee è quella della modifica costituzionale che prevede Roma come Città-Regione come Berlino. Sconsiglio la strada della legge ordinaria perché le precedenti non hanno portato da nessuna parte. Nel corso delle audizioni ho ascoltato giuristi sostenere la tesi che il terzo comma dell’articolo 114 della Costituzione, “Roma è la Capitale della Repubblica. La Legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”, sia una norma rafforzata che permetterebbe di togliere competenze allo Stato e alla Regione per assegnarle alla Capitale. L’esperienza ha dimostrato che lo Stato può solo disporre il trasferimento delle sue funzioni amministrative, e lo ha già in parte fatto con la legge 42/2009, ma ho molti dubbi che lo possa fare su quelle regionali a meno di non creare un conflitto istituzionale permanente.
Il terzo comma dell’articolo 114 su Roma fu scritto a più mani, tra cui la mia. E fu il risultato della mediazione tra il sistema delle Regioni e noi della Regione Lazio, nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni, che chiedevamo di prevedere l’assetto istituzionale di Roma Regione. Sapevamo bene che non era quello che chiedevamo ma per noi era un punto di partenza importante, perché finalmente la Costituzione sanciva che Roma è la Capitale. Sapevano benissimo che la frase successiva “la legge dello Stato disciplina il suo ordinamento” non ci avrebbe fatto raggiungere il nostro obiettivo, ma si tratta appunto di una mediazione politica. Sapevamo che per raggiungere l’obiettivo dovevamo intervenire di nuovo sulla Costituzione. E infatti inserimmo una norma per dare poteri legislativi a Roma, anche attraverso lo strumento dello statuto regionale, nella cosiddetta devolution che non superò il vaglio del referendum.
Oggi Roma è Comune e Città metropolitana, ma è sotto gli occhi di tutti che il nuovo Ente voluto dalla legge Delrio non è una incompiuta ma un Ente inutile, perché si scontra con il fatto che le competenze che dovrebbe avere stanno in capo alla Regione. L’unica alternativa possibile a Roma Città-Regione potrebbe essere un assetto istituzionale tra Roma e il Lazio simile a quello delle due Province autonome, con poteri legislativi, di Trento e Bolzano. Tertium non datur.
FONTE: